Scritta da Eduardo per la sorella Titina e portata in scena per la prima volta al teatro Politeama di Napoli nel 1946, ”Filumena Marturano” ancora oggi è la sua commedia maggiormente rappresentata all’estero. Filumena, ex prostituta, per farsi sposare dal suo amante Domenico Soriano si finge moribonda, scoperta la beffa l’uomo minaccia l’annullamento del matrimonio, perché, sostiene, essergli stato estorto con l’inganno. A quel punto la donna rivela d’avere tre figli e che uno dei tre è figlio proprio di Domenico Soriano.
Nel teatro eduardiano Filumena è l’unica protagonista femminile, ed unisce sia caratteristiche storicamente considerate maschili sia femminili, e cioè senso della realtà, ostinazione, perseveranza e determinazione.
Con un netto rifiuto della disgregazione familiare, in modo ossessivo, eroico e drammatico, attraverso l’orgoglioso amore di madre, ricerca ed impone quel bisogno di unità che non ha conosciuto nell’infanzia e non ha ritrovato nella sua vita da adulta, in un confronto continuo tra passato reale e doloroso e presente ideale, volendo a tutti i costi essere riconosciuta come moglie e come madre da Domenico Soriano, dai figli e dal mondo. Hann’‘a sapé chi è ‘a mamma……… Ben esprimendo in ciò il punto di vista dell’autore, si rivela la depositaria dei valori più autentici, quelli familiari e del riscatto della persona, entrambi rivendicati attraverso il tema della maternità, di qui la necessità di uscire dall’inganno e dalla simulazione, confidando prima al marito e poi ai figli di essere la loro madre. Ma il bisogno di riscatto e cambiamento, l’ ostinazione a volere una metamorfosi positiva, pur se attraverso l’inganno, Vulevo fa’ ‘na truffa! Me vulevo arrubbà nu’ cugnome, inizialmente si scontrano con il rifiuto dell’uomo a cambiare, con l’immobilismo che lo lega al suo passato di uomo ricco, egoista e viveur. .
In scena Filumena cerca continuamente di spiegarsi con le ragioni del cuore, ed invece Domenico si diverte ad umiliarla tentando d’imporle la legge scritta, quella vergata sulla carta, contro cui la donna oppone la sua legge personale, non sancita e non testimoniata da documenti, solo dai sentimenti e da una data, scritta su un angolo di banconota, che le permetterebbe di rivelare all’uomo, senza ombra di dubbio, chi sia suo figlio, però la donna non vuole un padre per uno solo dei suoi figli, vuole un padre per tutti e tre i figli, in concordia ed unione, e sarà proprio la rivendicazione femminile ad affermarsi, il bisogno di famiglia vera che ha sempre desiderato e che ha voluto con determinazione. La Donna, che non indietreggia mai, che non ha mai versato una lacrima, perché si piange solo quando si conosce il bene e non lo si può raggiungere, ma quando la durezza della vita prosciuga l’anima, non si può avere nemmeno la soddisfazione di un pianto consolatorio. Solo nel finale Filumena, oramai amata e rispettata, assaporerà la bellezza del pianto, si scioglierà in lacrime di gioia alla presenza del marito, ora comprensivo, esclamando in tono quasi liberatorio:
“Dummì, sto chiagnenno…Quant’è bello a chiàgnere!”
di Eduardo De Filippo
con
Francesca Perrelli
Salvatore Laudati
Maria Ferrante
Sandro Ippolito
Giovanna Neiviller
Andrea Bizzarri
Domenico Marretta
Fabio Manniti
Marilena Ottaviani
Bartolo Manzi
Carla Persico
Gabriele Pulimanti
voce e chitarra Francesco Cuomo
Adattamento e Regia Mario Canale
scene Sandro Ippolito costumi Maria Ferrante voceechitarra Franco Cuomo luciesuoni Massimo Luciani direttore di scena Giovanna Neiviller